In una guerra spietata come la Prima Guerra Mondiale, in cui la morte poteva arrivare in qualsiasi momento, molti soldati svilupparono superstizioni e credenze particolari per proteggersi dal destino.
Dal portare amuleti e talismani a seguire veri e propri rituali scaramantici prima della battaglia, la trincea era un mondo dove la razionalità lasciava spesso spazio alla magia e alla religione.
Quali erano le superstizioni più diffuse tra i soldati italiani? Quali oggetti consideravano portafortuna? E quanto queste credenze influenzavano il loro comportamento sul campo di battaglia?
Gli amuleti e gli oggetti portafortuna: protezioni contro la morte
Molti soldati portavano con sé oggetti che credevano capaci di proteggerli dai proiettili e dalle esplosioni.
Gli amuleti più diffusi tra i soldati italiani
- Medagliette religiose con l’effigie della Madonna o dei santi protettori.
- Corna di corallo o ferro di cavallo, considerati talismani contro il malocchio.
- Monete bucate, che secondo la tradizione avrebbero “fermato” le pallottole nemiche.
- Ciuffi di capelli di fidanzate o madri, cuciti all’interno delle divise come simbolo di protezione.
Il rito delle monete nelle tasche
- Alcuni soldati mettevano una moneta nel taschino della giacca, convinti che avrebbe deviato eventuali proiettili.
- Alcuni testimoni raccontano di uomini salvati proprio da una moneta che fermò davvero un colpo di fucile.
I segni della sfortuna: gesti e situazioni da evitare
Oltre agli amuleti, esistevano anche credenze su cosa portasse sfortuna, e i soldati evitavano con attenzione alcune azioni.
Le superstizioni più temute durante la Grande Guerra
- Non partire per il fronte di venerdì – Il venerdì era considerato giorno nefasto, e molti soldati cercavano di farsi spostare la partenza.
- Mai scattare una foto prima della battaglia – Si credeva che chi si faceva fotografare prima di un attacco non sarebbe più tornato.
- Non pronunciare la parola “ritorno” – Dire esplicitamente che si sarebbe tornati vivi dal fronte era considerato una sfida alla sorte.
Il gufo e il corvo: messaggeri di morte
- Se un soldato sentiva il verso di un gufo o di un corvo la notte prima della battaglia, si credeva fosse un presagio di morte.
- Alcuni ufficiali italiani ordinavano di sparare agli uccelli notturni, per non spaventare i soldati prima degli scontri.
Rituali scaramantici prima della battaglia
Per allontanare la paura e sentirsi protetti, i soldati svilupparono riti e gesti scaramantici prima di affrontare il nemico.
Gesti ripetuti per proteggersi
- Toccare ferro o legno prima di entrare in azione.
- Fare il segno della croce esattamente tre volte prima di sparare il primo colpo.
- Entrare in trincea sempre con il piede destro per evitare la sfortuna.
Il rito del pane spezzato
- Prima di un assalto, alcuni soldati dividevano il pane con i compagni, in un gesto che ricordava l’Ultima Cena e che, secondo loro, avrebbe garantito protezione.
I Santi protettori dei soldati
La religione giocava un ruolo fondamentale nella vita dei soldati italiani, e molti si affidavano alla protezione dei santi.
I santi più invocati al fronte
- San Michele Arcangelo – Protettore dei guerrieri, invocato nei momenti più critici.
- Sant’Antonio da Padova – Considerato un “portafortuna” contro la morte improvvisa.
- Santa Barbara – Protettrice degli artiglieri, per evitare che i cannoni esplodessero.
Le Bibbie e i rosari come scudo contro i proiettili
- Alcuni soldati portavano una piccola Bibbia nella tasca del cuore, credendo che avrebbe fermato le pallottole.
- I rosari venivano sgranati prima di ogni assalto, a volte distribuiti dagli stessi cappellani militari.
La morte e l’aldilà: cosa credevano i soldati?
Di fronte alla possibilità concreta di morire in ogni momento, i soldati sviluppavano credenze particolari sulla morte e sul destino dell’anima.
I compagni morti tornavano a proteggere i vivi?
- Alcuni soldati giuravano di avere visto i loro commilitoni morti in sogno, poco prima di una battaglia.
- Si diceva che, nei momenti di crisi, le anime dei Caduti apparissero nei campi di battaglia per guidare i vivi.
La leggenda del soldato che non doveva morire
- Tra i soldati si raccontava di un uomo che, durante ogni battaglia, si salvava sempre per miracolo.
- Si credeva che fosse protetto da un santo o da un antenato, e che la guerra non sarebbe mai riuscita a ucciderlo.
E dopo? Superstizioni della Grande Guerra che sono sopravvissute
Dopo la fine del conflitto, molte delle superstizioni nate in trincea sono rimaste nella cultura popolare italiana.
Usanze ancora diffuse oggi
- Il gesto di toccare ferro o fare il segno della croce prima di un evento importante deriva proprio dalle superstizioni dei soldati in guerra.
- La credenza che i gufi portino sfortuna è legata ai presagi di morte nel conflitto.
- Alcune famiglie di ex combattenti hanno tramandato amuleti e medagliette, usati dai loro antenati in guerra.
La paura e la magia nella guerra
Per i soldati italiani della Prima Guerra Mondiale, superstizioni e rituali non erano solo credenze irrazionali, ma strumenti per affrontare la paura e il terrore quotidiano.
Queste usanze raccontano una guerra combattuta non solo con le armi, ma anche con la fede, la scaramanzia e l’illusione di poter sfidare la morte con un gesto o un amuleto.