I ragazzi del ’99: l’ultima generazione mandata in guerra

ragazzi del 99

«Li ho visti i ragazzi del ’99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora» (Armando Diaz)

Nel 1917, dopo anni di guerra devastante, l’Italia si trovò a corto di uomini al fronte. Le battaglie sull’Isonzo avevano decimato intere divisioni, e la disfatta di Caporetto aveva aggravato la situazione.

La soluzione? Chiamare alle armi i più giovani: i ragazzi del ’99.

Erano poco più che adolescenti, nati nel 1899, che fino a quel momento avevano vissuto la guerra solo nei racconti degli adulti. A soli 18 anni, furono spediti al fronte, spesso senza un addestramento adeguato, a combattere contro soldati esperti e veterani di mille battaglie.

Dalla scuola al fronte

Fino al 1917, la leva obbligatoria riguardava solo i nati fino al 1898. Ma con l’avanzata austro-tedesca dopo Caporetto, il governo decise di anticipare la chiamata dei giovani del 1899, inviandoli al fronte nel 1918.

Molti di loro erano ancora studenti, avevano appena finito il liceo o stavano preparando gli esami. Alcuni avevano ancora il volto da bambini quando indossarono la divisa.

Il loro addestramento fu affrettato:

  • Poche settimane nelle caserme, invece dei mesi previsti.
  • Armi obsolete e pochi rifornimenti.
  • Inviati direttamente in prima linea, senza esperienza di combattimento.

Eppure, nonostante la loro inesperienza, questi giovani furono protagonisti di alcune delle battaglie più decisive della guerra.

La Battaglia del Solstizio: il battesimo del fuoco

Il momento più tragico e glorioso per i ragazzi del ’99 arrivò nel giugno 1918, durante la Battaglia del Solstizio.

L’esercito austro-ungarico lanciò un’offensiva massiccia nel tentativo di sfondare le linee italiane sul Piave. Fu in quel momento che i ragazzi del ’99 furono chiamati a combattere.

Nonostante la loro giovane età e la loro scarsa esperienza, riuscirono a respingere l’attacco nemico, dimostrando un coraggio incredibile. Fu proprio il loro sacrificio a permettere all’Italia di bloccare l’offensiva austroungarica e ribaltare le sorti del conflitto.

Vittoria e sacrificio: l’ultimo tributo nella Battaglia di Vittorio Veneto

Dopo la Battaglia del Solstizio, i ragazzi del ’99 furono impiegati nell’offensiva finale dell’Italia: la Battaglia di Vittorio Veneto, nell’ottobre 1918.

Questa fu la battaglia che pose fine alla guerra, con la sconfitta definitiva dell’Impero Austro-Ungarico. Ma il prezzo fu altissimo: migliaia di quei giovani soldati, che pochi mesi prima erano ancora sui banchi di scuola, morirono in combattimento.

Il ricordo dei ragazzi del ’99

Dopo la guerra, i ragazzi del ’99 furono celebrati come gli ultimi difensori della Patria.

Alcuni di loro vissero abbastanza a lungo da vedere un’altra guerra mondiale. Molti, però, rimasero sulle rive del Piave o nelle trincee del Carso, senza poter mai raccontare la loro storia.

Uno dei pochi sopravvissuti, Giulio Bedeschi, scrisse un libro intitolato “Centomila gavette di ghiaccio”, in cui raccontò il destino dei suoi coetanei, prima nella Grande Guerra e poi nella tragica ritirata di Russia durante la Seconda Guerra Mondiale.

Oggi, i loro nomi sono incisi su monumenti e lapidi in tutta Italia. Alcuni dei luoghi più simbolici in cui vengono ricordati sono:
Sacrario Militare di Redipuglia – Dove riposano migliaia di giovani caduti.
Cimitero Militare di Fagarè – Sulle rive del Piave, dove molti ragazzi del ’99 combatterono e morirono.
Museo della Battaglia di Vittorio Veneto – Dedicato alla vittoria finale, conquistata anche grazie a loro.

Alcune risorse per approfondire

🏛 Museo della Grande Guerra di Gorizia – Documenti e cimeli originali dei giovani soldati. Visita il sito

🔎 Archivio Storico della Prima Guerra Mondiale – Documenti ufficiali sui soldati del 1899. Consulta l’archivio

Conosci una storia di famiglia legata ai ragazzi del ’99?

Nel 1999 le Poste Italiane hanno dedicato un francobollo per il centenario dei “ragazzi del ’99”

L’ultimo ragazzo del ‘99 è scomparso a 107 anni nel 2007. Si chiamava Giovanni Antonio Carta, caporal maggiore di fanteria della Brigata Sassari. Se un tuo antenato era tra i giovani chiamati alle armi nel 1918, raccontaci la sua storia nei commenti.
Perché il loro sacrificio fu enorme, e non dobbiamo dimenticarlo.

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