La Prima Guerra Mondiale è ricordata come un conflitto brutale, ma tra gli orrori delle trincee ci furono momenti in cui il nemico smise di essere tale. Momenti di umanità e fratellanza tra nemici nella Grande Guerra.
Lungo il fronte italiano, tra il Carso e il Piave, soldati italiani e austroungarici vissero a pochi metri di distanza per mesi. Sotto il fuoco dell’artiglieria e immersi nel fango, nacquero episodi di fratellanza inattesa: tregue non ufficiali, scambi di cibo e lettere, piccoli gesti di umanità in un mondo disumano.
Quanto era diffuso questo fenomeno? E come reagivano gli alti comandi?
Le tregue non ufficiali nelle trincee
Durante i momenti di stallo, quando la guerra sembrava congelata nel fango e nel freddo, alcuni settori del fronte divennero il teatro di tregue spontanee tra soldati italiani e austroungarici.
Cessate il fuoco spontanei
- In alcune zone, i soldati delle due fazioni cessavano di sparare tra loro per ore o giorni, per recuperare i feriti o seppellire i morti.
- Questi cessate il fuoco non erano ordinati dagli ufficiali, ma nascevano dal comune senso di sopravvivenza.
Scambi di cibo e sigarette
- Attraverso il filo spinato, soldati italiani e austroungarici si scambiavano pane, sigarette, vino e piccoli doni, come segno di rispetto reciproco.
- Alcuni addirittura si passavano lettere da consegnare ai familiari nell’altro Paese.
La notte di Natale: quando il nemico non sparò
Uno degli episodi più toccanti fu quello delle tregue spontanee durante la notte di Natale, simili a quelle avvenute sul fronte occidentale.
Natale 1914 su tutto il fronte europeo
- Secondo alcune testimonianze, i soldati italiani e quelli austriaci smisero di combattere la notte della Vigilia, restando in silenzio nelle trincee.
- Alcuni racconti parlano di canti natalizi intonati su entrambi i lati, un’altra leggenda riferisce di improvvisate partite di calcio in un raro momento di umanità tra i due eserciti.
Il codice non scritto della sopravvivenza
Al di là delle vere e proprie tregue, tra i soldati si sviluppò un tacito codice di comportamento.
Evitare di sparare su chi andava a prendere l’acqua
- Le trincee erano spesso a secco di rifornimenti, e i soldati dovevano avventurarsi fuori per riempire le borracce.
- In molti settori, entrambi gli schieramenti evitavano di sparare a chi andava a prendere acqua, in una forma di rispetto reciproco.
Il rituale della sigaretta
- Alcuni soldati raccontano che, nelle notti tranquille, si scambiavano cenni di saluto con i nemici mentre fumavano una sigaretta.
- Questo gesto divenne un simbolo non ufficiale di tregua, quasi un accordo tra uomini prima che tra eserciti.
Le conseguenze: quando la fratellanza diventava tradimento
Se da un lato la fratellanza tra nemici nella Grande Guerra fu un fenomeno spontaneo, dall’altro venne considerata un crimine dagli alti comandi.
Punizioni per chi fraternizzava
- I soldati sorpresi a parlare con il nemico rischiavano l’accusa di diserzione o tradimento.
- Alcuni furono arrestati o trasferiti per aver mostrato troppa clemenza verso il nemico.
L’ordine di Cadorna: guerra senza pietà
- Il generale Cadorna proibì qualsiasi forma di contatto con il nemico, ordinando punizioni severe per chi fosse stato sorpreso a non combattere con aggressività.
Il dopoguerra e il silenzio sulla fratellanza tra nemici nella Grande Guerra
Dopo il 1918, queste storie furono quasi cancellate dalla memoria ufficiale, perché non si adattavano alla narrazione eroica della guerra lasciando che la storia diventasse leggenda.
Diari e lettere come unica testimonianza
- Solo attraverso i diari e le lettere dei soldati si sono scoperte le storie delle tregue non ufficiali.
- Molti reduci raccontarono di aver provato più rispetto per il nemico nelle trincee che per i propri ufficiali.
Un tema poco trattato nella storiografia
- Mentre le tregue di Natale sul fronte occidentale sono più note, quelle avvenute tra italiani e austroungarici rimangono ancora poco studiate e documentate.
Il volto umano della guerra
La Grande Guerra fu un conflitto di morte e distruzione, ma anche in quell’inferno alcuni soldati scelsero di essere umani prima che guerrieri.
Queste storie di fratellanza tra italiani e austroungarici sono una testimonianza che, anche nelle guerre più brutali, l’istinto alla solidarietà può sopravvivere.