Tra le immagini più brutali della Prima Guerra Mondiale, oltre ai campi devastati e alle trincee insanguinate, c’è quella di soldati italiani fucilati dai propri commilitoni, spesso non per tradimento o diserzione, ma per il solo scopo di “dare l’esempio”.
Le decimazioni furono una pratica impiegata in diversi eserciti, ma nell’esercito italiano raggiunsero livelli particolarmente spietati, diventando uno degli aspetti più controversi della condotta di guerra del generale Luigi Cadorna.
Come funzionava la decimazione della Grande Guerra? Perché veniva ordinata? E quali furono le sue conseguenze sulla morale e sulla disciplina delle truppe?
Che cos’era la decimazione?
La decimazione è una punizione collettiva con origini antiche, usata già dagli eserciti dell’antica Roma per reprimere atti di vigliaccheria o insubordinazione.
Come funzionava?
- Quando un reparto veniva considerato colpevole di diserzione, ammutinamento o vigliaccheria, veniva ordinata la decimazione.
- I soldati venivano disposti in fila e selezionati a caso (spesso uno ogni dieci, da cui il nome).
- I condannati venivano fucilati dai propri commilitoni, spesso con l’obbligo per gli ufficiali di eseguire la sentenza.
Il concetto dietro la punizione
- L’obiettivo non era punire i colpevoli individualmente, ma terrorizzare l’intero reparto, in modo che nessuno osasse ripetere l’errore.
- Il sacrificio di pochi serviva a mantenere la disciplina, secondo una logica di ferro imposta dai comandi supremi.
Nella Prima Guerra Mondiale, la decimazione tornò come strumento estremo per controllare l’esercito.
Cadorna e la disciplina di ferro e sangue
Il principale responsabile della diffusione delle decimazioni nell’esercito italiano fu il generale Luigi Cadorna, comandante supremo dal 1915 al 1917.
Il pensiero di Cadorna
- Considerava i soldati italiani indisciplinati e inaffidabili, perciò impose una disciplina rigidissima.
- Credeva che la paura della fucilazione fosse il miglior deterrente contro la diserzione e il cedimento sotto il fuoco nemico.
- Non esitò a ordinare esecuzioni di massa per colpire interi reparti, anche quando la colpa di una ritirata era dovuta a errori strategici del comando.
Le fucilazioni per dare l’esempio
- Dopo sconfitte o ritirate, Cadorna inviava telegrammi ai generali sul campo con l’ordine di punire severamente i reparti ritenuti responsabili.
- Alcuni ufficiali si opposero alle decimazioni, ma chi rifiutava gli ordini rischiava di essere rimosso o accusato di insubordinazione.
Esempi di decimazioni nell’esercito italiano
Le decimazioni non furono episodi isolati, ma vennero applicate in più occasioni, lasciando un segno profondo tra i soldati.
Caso di Santa Maria La Longa (1916)
- Dopo una ritirata ritenuta ingiustificata, il generale Andrea Graziani ordinò la fucilazione di 12 soldati scelti a caso.
- I condannati furono costretti a scavarsi la fossa prima dell’esecuzione.
- Questo episodio divenne uno dei più brutali della guerra, generando panico tra i soldati.
Caso della Brigata Catanzaro (1917)
- Nell’estate del 1917, i soldati della Brigata Catanzaro si ribellarono agli ufficiali, stanchi di essere mandati a morire in attacchi inutili.
- Il comando reagì ordinando una repressione spietata: fucilazione immediata di 28 soldati.
- Il massacro avvenne senza un vero processo, e la notizia si diffuse velocemente tra le truppe.
Le esecuzioni dopo Caporetto (1917)
- Dopo la disfatta di Caporetto, Cadorna attribuì la colpa alla viltà dei soldati, ignorando i suoi errori tattici.
- Ordinò decine di fucilazioni di militari accusati di abbandono del posto.
- Molti soldati non erano fuggiti per vigliaccheria, ma perché la linea italiana era crollata su tutto il fronte.
L’impatto sulle truppe e il malcontento diffuso
Le decimazioni non rafforzarono la disciplina, ma generarono odio e diffidenza tra i soldati e i comandanti.
Conseguenze sulle truppe
- Molti soldati iniziarono a vedere i propri ufficiali come nemici, anziché come guide.
- La paura delle fucilazioni non eliminò il problema della diserzione, ma spinse alcuni soldati a scegliere la resa agli austriaci piuttosto che restare sotto il comando italiano.
- La fiducia nell’alto comando crollò definitivamente dopo Caporetto, quando divenne chiaro che la disfatta era dovuta agli errori strategici di Cadorna, non ai soldati.
Le proteste e i tentativi di riforma
- Alcuni generali tentarono di fermare le decimazioni, ma fino alla sostituzione di Cadorna la pratica continuò senza ostacoli.
- Con l’arrivo del generale Armando Diaz nel 1917, la strategia cambiò: meno punizioni esemplari, più incentivi per migliorare il morale.
Il Dopoguerra: la memoria delle decimazioni
Dopo la guerra, le decimazioni rimasero un argomento tabù, nascosto dietro la retorica della vittoria.
Le decimazioni furono ufficialmente riconosciute?
- Mai del tutto: lo Stato Maggiore minimizzò la loro portata, negando che fossero pratiche sistematiche.
- Molti documenti sulle esecuzioni furono cancellati o distrutti negli anni successivi.
- Alcuni storici riuscirono a ricostruire casi documentati di almeno 750 esecuzioni ordinate per disciplina, ma il numero reale potrebbe essere più alto.
Riabilitazione dei soldati fucilati
- Solo a partire dagli anni Duemila si iniziò a parlare apertamente delle decimazioni.
- Alcune famiglie di soldati giustiziati chiesero che i loro antenati venissero riabilitati e riconosciuti come vittime della guerra.
Giustizia o crudeltà inutile?
Le decimazioni furono uno degli aspetti più controversi della Grande Guerra, una pratica che seminò paura e divisione nell’esercito italiano.
Erano davvero necessarie per mantenere la disciplina? O furono solo un metodo brutale e inefficace per coprire gli errori del comando?
L’esercito italiano riuscì a vincere la guerra non grazie alle fucilazioni, ma grazie a un cambio di strategia e al miglioramento delle condizioni dei soldati.
Oggi, le decimazioni restano una delle pagine più oscure della nostra storia militare, un monito sui pericoli dell’autoritarismo cieco e della giustizia sommaria al tempo della Grande Guerra.
1 thought on “Decimati per l’esempio: la pratica delle fucilazioni di massa nella Grande Guerra”
Comments are closed.