La chiamata alla guerra: quando un giovane italiano riceveva l’ordine di partire

Nel 1915, con l’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, centinaia di migliaia di giovani ricevettero l’ordine di presentarsi alla leva. Molti erano contadini o operai che non avevano mai lasciato il proprio paese e che, all’improvviso, venivano strappati alla loro vita per essere mandati a combattere su montagne gelate o in trincee fangose.

Come arrivava la chiamata alla Grande Guerra? Cosa provavano i ragazzi costretti a partire? E cosa accadeva a chi cercava di evitarla?

La chiamata alle armi: l’arruolamento obbligatorio

La guerra scoppiò nel 1914, ma l’Italia rimase neutrale per un anno. Nel maggio 1915, quando l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, il governo dovette mobilitare rapidamente un esercito enorme.

Come funzionava la chiamata alle armi?

  • I ragazzi ricevevano una lettera ufficiale, inviata dal distretto militare, con l’ordine di presentarsi alla visita di leva.
  • Il documento specificava la data, il luogo e il corpo d’armata di assegnazione.
  • Molti giovani scoprivano della chiamata dai sindaci o dai parroci, che diffondevano gli elenchi dei convocati.

Chi veniva chiamato e quando?

  • All’inizio furono arruolati i nati tra il 1894 e il 1896, ragazzi tra i 19 e i 21 anni.
  • Con il prolungarsi della guerra, vennero chiamati anche diciottenni e diciassettenni.
  • Nel 1917, dopo le gravi perdite di Caporetto, furono arruolati anche i ragazzi del 1899, i famosi Ragazzi del ’99.

La visita medica: l’ultima speranza di evitare il fronte

Prima di partire, i ragazzi dovevano sottoporsi alla visita medica militare, ma ottenere l’esonero era quasi impossibile.

In cosa consisteva la visita?

  • Veniva verificata la statura minima, solitamente 1,55 m.
  • Si controllavano vista, denti e condizioni fisiche generali.
  • Le uniche cause di esclusione erano gravi malattie croniche, cecità o deformità evidenti.

Simulare malattie per evitare il fronte

  • Alcuni giovani cercavano di barare, presentandosi con denti marci o fasciature finte.
  • Altri tentavano di farsi passare per pazzi, sperando nell’inabilità mentale.
  • La maggior parte di questi tentativi veniva scoperta e punita con l’arruolamento forzato.

L’ultimo saluto: quando si lasciava la famiglia

Ricevere la chiamata significava dire addio alla propria casa, spesso per sempre.

Le ultime ore prima della partenza

  • In molti paesi, i giovani chiamati si riunivano per una cena d’addio, con parenti e amici.
  • Le madri preparavano corredi improvvisati, con vestiti pesanti e piccoli portafortuna.
  • Alcuni ricevevano una benedizione dal parroco, con l’illusione che Dio li avrebbe protetti in guerra.

Le scene di addio più strazianti

  • In alcune famiglie, soprattutto nei paesini del profondo Sud, i genitori piangevano disperati, sapendo che difficilmente avrebbero rivisto i loro figli.
  • Le fidanzate scrivevano lettere promettendo di aspettare il loro ritorno.
  • I bambini guardavano i fratelli maggiori partire senza capire davvero cosa stesse accadendo.

Dal paesello alla caserma: il viaggio verso l’ignoto

Una volta ricevuto l’ordine di partenza, i giovani si recavano ai centri di raccolta, da cui sarebbero stati smistati alle caserme.

I treni militari verso il fronte

  • I soldati viaggiavano stipati nei vagoni, spesso senza nemmeno sapere dove fossero diretti.
  • Alcuni convogli portavano i ragazzi direttamente nelle zone di guerra, senza un addestramento adeguato.

I primi disertori

  • Già alla partenza, alcuni cercavano di scappare nascondendosi nelle campagne o cambiando identità.
  • Chi veniva scoperto rischiava la corte marziale e la fucilazione.

Cosa accadeva a chi si rifiutava di partire?

Non tutti accettarono di buon grado la chiamata alle armi. Alcuni cercarono di evitare il fronte, rischiando la vita.

I renitenti alla leva

  • I giovani che non si presentarono alla chiamata furono considerati “renitenti alla leva” e braccati come criminali.
  • La polizia militare e i carabinieri andavano casa per casa a cercare i renitenti.

Le punizioni per chi si rifiutava

  • Se catturati, i renitenti potevano essere arrestati e inviati al fronte con punizioni esemplari.
  • Alcuni furono processati e condannati alla fucilazione, soprattutto dopo Caporetto.

Chi riusciva a farla franca?

  • Alcuni giovani si rifugiarono in montagna o nei boschi, vivendo da fuggiaschi per anni.
  • Altri ottennero documenti falsi, nascondendosi nelle città.
  • Qualcuno si rifugiò in Svizzera o in altri paesi neutrali, ma era una via di fuga per pochi fortunati.

Il trauma della chiamata alla Grande Guerra

Essere chiamati alle armi non significava solo lasciare la famiglia, ma anche entrare in un mondo di orrori e privazioni.

Lo shock dell’addestramento militare

  • Molti giovani, abituati alla vita nei campi, si trovarono improvvisamente immersi in un ambiente brutale e gerarchico.
  • Le punizioni erano severe, e chi non rispettava gli ordini subiva percosse o arresti disciplinari.

La paura del primo scontro

  • Appena arrivati in trincea, i nuovi soldati si trovavano subito sotto il fuoco nemico.
  • Per molti, il primo assalto fu anche l’ultimo, falciati dalle mitragliatrici austriache.

Un destino senza scelta

La chiamata alla guerra nella Prima Guerra Mondiale fu un evento traumatico per un’intera generazione di giovani italiani.

Molti partirono senza sapere se e quando sarebbero tornati, lasciando famiglie, sogni e una vita intera dietro di sé.

Oggi, quelle lettere di chiamata alle armi sono documenti storici, testimoni di un’epoca in cui il destino di un ragazzo poteva cambiare con un semplice pezzo di carta.

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